Educazione sessuale nella prima infanzia? Ma di cosa parliamo quando diciamo così?
Come si possono affrontare temi molto spesso tabù con le persone più piccole? Quanto e fin dove spingersi ? E da che età è bene iniziare?
In questo articolo cercheremo di dare risposta a queste domande che come Associazione ci stanno molto a cuore e che muovono parte del nostro lavoro quotidiano.
Cos’è l’educazione sessuale?
Quando si parla di educazione sessuale, e soprattutto quando se ne parla accostandola all’infanzia o addirittura alla prima infanzia, spesso ci si trova davanti a molti dubbi, a molte paure e anche a molte perplessità da parte delle persone adulte.
Ma quando ci occupiamo di educazione sessuale, ci occupiamo anche e soprattutto di educazione al consenso, al rispetto del proprio corpo e del corpo delle altre persone, ci occupiamo di educazione emozionale, di rispetto della propria identità così come di quella altrui.
Fare educazione sessuale nella prima infanzia significa fornire degli strumenti affinché le persone piccole possano crescere senza aver timore o vergogna di come sono fatte, conoscendo i proprio confini e i propri limiti, imparando ad accoglierli per poter entrare empaticamente in contatto con quelli delle altre persone.
Inserendo queste tematiche in un percorso educativo studiato e curato, si potrà conoscere il nome delle parti anatomiche che costituiscono il nostro apparato genitale, si potrà scoprire come nasciamo, pensando alla nascita al di là di ogni racconto fantasioso di cavoli o cicogne e anche al di là dell’eteronormatività (cioè la convinzione che l’eterosessualità sia l’unico orientamento sessuale o l’unica norma per la sessualità ) con cui spesso si parla di riproduzione.
Fare educazione sessuale è scoprire, con il tempo e con la crescita, che il nostro corpo è fonte di piacere, e di questo non c’è nulla di cui avere vergogna.
Lezioni di sessualità: come e quando si inizia?
Quando si parla in generale di educazione, quando si pensa a come approcciare determinate tematiche con la prima infanzia, tra gli 0 e i 6 anni, o con le persone piccole in generale, è facile chiedersi quali siano i tempi giusti e se ci siano delle ricette per farlo al meglio.
Come però ricordiamo sempre quando parliamo con le famiglie, non c’è UNA soluzione o UNA via per fare le cose, ogni individuo e ogni nucleo è diverso dall’altro, ogni persona porta con sé una storia che sarà diversa dalla storia delle altre persone ed è per questo che la prima cosa che è sempre importante ricordare è quella di accogliere i timori e i dubbi che possono emergere, soprattutto se si tratta di tematiche che si portano dietro ansie e tabù.
Parlare di sesso, di corpo, di consenso, di relazioni si può fare da sempre, anche dalla primissima infanzia, ma la cosa migliore da fare è seguire le curiosità delle bambine, oltre che lo sviluppo psicologico ed emotivo che esiste per ognuna di noi.
Inutile quindi forzare conversazioni sul piacere quando, come succede nei primi 3 anni di vita, nelle bambine non sono ancora chiari i propri limiti identitari, perché non hanno ancora chiaro che, come esseri umani, sono persone emotivamente e fisicamente separate e diverse da quelle adulte di riferimento.
Quello che però si può fare in questa età è sicuramente cominciare a chiamare le parti del corpo con il loro nome, ragionando e chiedendoci sempre, come persone adulte, perché siamo a disagio nel chiamare “pene” o “vagina” o “vulva” delle parti del corpo che, anatomicamente, hanno quel nome.
Abbiamo il dovere quindi di interrogarci sul perchè delle nostre reazioni emotive, così come è fondamentale accoglierle e capire quali sono i nostri limiti, delegando magari a chi ha limiti diversi cose che noi fatichiamo a fare.
Dovrebbe essere di guida l’esempio nel mostrare pratiche di rispetto degli spazi fisici altrui: abbiamo mai pensato che ogni gesto che mettiamo in atto su una persona piccola sia in qualche modo da accordare con lei?
Chiaramente ci sono alcune cose che andranno fatte, come il cambio del pannolino, ma perchè non provare a dichiarare quello che sta per succedere, non dando per scontato che vada bene e che abbiamo il diritto di invadere uno spazio corporeo non nostro?
Oppure pensiamo alla tipica situazione familiare in cui parenti e amicizie pretendono di dare baci e abbracci alle persone piccole: siamo sicure che questa cosa sia indispensabile?
Che non si possa invece rispettare e mostrare rispetto per eventuali no ben dichiarati?
Anche questa è educazione al consenso, soprattutto nella primissima infanzia dove l’esempio e il linguaggio sono le fonti primarie di insegnamento e costruzione del sé.
Un’altra cosa che possiamo fare è quella di fornire stimoli diversi da quelli in cui siamo immerse, magari con delle letture pensate che propongano modelli non stereotipati,corpi al di fuori della conformità che la società pretende e dove la nudità sia accolta senza vergogna. Proviamo insomma a creare contesti neutri in cui le persone possano scegliere come muoversi e come giocare.
Ci sarà poi tempo, già dalla fine della scuola dell’infanzia o all’inizio della primaria, di approfondire tematiche in maniera diversa, seguendo sempre gli spunti di riflessione che ci vengono dati. Si potrà parlare di riproduzione, si potrà parlare di masturbazione affacciandoci al concetto di piacere.
Fare educazione sessuale nella prima infanzia significa questo.
Significa costruire spazi protetti dove le persone che crescono possono tornare portando le loro curiosità, con la sicurezza di essere accolte.
Spazi in cui magari non si trovano tutte le risposte però in cui ci potrà essere la volontà di cercarle quelle risposte.
Spazi di fiducia e ascolto che costruiscono un terreno solido per la crescita e la conoscenza della propria identità.
Significa fare prevenzione nei confronti di atteggiamenti che con il tempo diventeranno radicati e andranno a consolidare la problematicità sistemica evidente all’interno della nostra società che porta, in moltissimi modi diversi, a forme di violenza e abuso, anche nei confronti della stessa infanzia.
Educazione sessuale nella primissima infanzia da Cargomilla
Come associazione di promozione sociale ci occupiamo di diffondere queste tematiche in vari ambiti, iniziando dal nostro progetto di educazione parentale, nel quale cerchiamo ogni giorno di portare elementi di supporto ed aiuto alla costruzione di un contesto educativo in cui ci possa essere libertà di chiedere e risposte da costruire.
Attraverso letture, laboratori, incontri con realtà del territorio che si occupano di questo ma anche con l’attenzione all’uso dei vocaboli o alla semplice richiesta di consenso relativa ad alcune manifestazioni fisiche, cerchiamo di dare un esempio di come sia non solo possibile ma anzi indispensabile portare l’educazione emotiva, sessuale e al consenso all’interno dei contesti educativi.
Ma non solo questo, come Cargomilla organizziamo incontri di formazione per chi lavora nel settore educativo (scuole, gruppi informali e università) e per le persone adulte che hanno bisogno di un momento di confronto aperto e protetto su queste tematiche.
Cerchiamo nei nostri incontri di unire sempre delle proposte laboratoriali per le persone più piccole e dei momenti di autoformazione, a cui invitiamo esperte di vari settori, per quelle adulte.
Abbiamo creato anche dei piccoli momenti informali per gruppi di persone che ne hanno fatto richiesta all’interno di alcune case di quartiere della città.
Sicuramente continueremo a proporre momenti di questo tipo, sperando che diventino più numerosi sia come numero che come presenza, perché crediamo fermamente che sia indispensabile partire da subito ad affrontare, con coscienza e competenza, questi temi, troppo spesso lasciati in disparte ma così totalmente strutturanti di un sistema sociale empatico, libero e accogliente.