“Come mi sento?”
“Mi piace o non mi piace?”
“ Ho voglia di questo?”
“Come si sente?”
“Le va bene quello che succede?”
Queste sono domande che in apparenza possono sembrare semplici, racchiudono in realtà una grande complessità, per rispondervi, perché richiedono tutte la capacità di riconoscere, accogliere e rispettare in maniera empatica, non solo il proprio stato emotivo, ma anche quello delle persone con cui abbiamo a che fare.
In un sistema culturale in cui la legge del più forte (il maschile sovraesteso è usato intenzionalmente) la fa da padrone, in cui anche le emozioni sono polarizzate e binarie nella loro possibilità di essere espresse, la vera rivoluzione educativa sarebbe quella di fare dell’educazione affettiva (e sessuale) il centro dei programmi scolastici dalla scuola dell’infanzia in poi.
Che cos’è l’educazione socio affettiva?
Per educazione socio-affettiva si intende quella parte del processo educativo che si occupa di atteggiamenti, sentimenti, credenze ed emozioni degli studenti. Implica un’attenzione per lo sviluppo personale e sociale degli allievi, per la promozione della loro autostima
(P.Lang1994)
Dal latino affectus, afficere: “impressionare”, “influenzare“, l’affettività è quell’insieme di fenomeni che possono caratterizzare le reazioni psichiche e fisiche di ogni persona, fin dalla nascita.
Educare all’affettività quindi, come dicevamo, significa fornirci quegli strumenti necessari a capire cosa potremmo provare in ogni situazione, anche rimanendo in disparte osservando le nostre reazioni, in modo da acquisire nel tempo una consapevolezza di noi stesse tale da permetterci di identificare, verbalizzare, accogliere e controllare le nostre emozioni.
Questo processo, complesso e articolato, richiede tempo e richiede spazi in cui la sospensione del giudizio e l’ascolto attivo ed empatico sono la base.
Le istituzioni di crescita, se vogliamo chiamarle così, che siano il contesto familiare di origine o la scuola, devono farsi carico di questo tipo di approccio educativo, perché le persone che saranno adulte domani possano alfabetizzarsi emotivamente.
Educazione affettiva e sessuale
L’Italia, insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania è uno dei pochi paesi dove l’educazione affettiva e sessuale non è obbligatoria a scuola.
Da tempo però, ma soprattutto dal femminicidio di Giulia Cecchettin a Novembre 2023, si parla di introdurre nei programmi scolastici l’educazione affettiva e sessuale come materia di studio.
Un blando e inefficace tentativo è stato fatto dal Ministro dell’Istruzione del governo Meloni, Valditara con il suo “Educare alle relazioni”, che prevede per gli istituti superiori di secondo grado dei momenti, facoltativi e durante il fine settimana, di discussione su queste tematiche.
L’educazione affettiva e sessuale, nelle scuole di ogni ordine e grado, a partire dalla prima infanzia, dovrebbe essere obbligatoria, parte integrante delle attività e delle pratiche di educazione e comunicazione di tutte le persone adulte di riferimento. Dovrebbero esserci momenti di attività, di scambio e di gioco in cui le bambine fin da piccolissime imparino a riconoscere e dare nome alle emozioni, sentirle nel corpo, percepirne l’arrivo e associarle a delle situazioni particolari.
Abbiamo scelto di usare il femminile: scopri perchè sulla pagina parliamo al femminile
Fare educazione affettiva significa insegnare il valore dell’ascolto attivo e della sospensione del giudizio, significa trasmettere l’importanza del rispetto del proprio sentire e di quello di chi ho davanti.
Fare educazione affettiva significa: usare un linguaggio che non escluda, utilizzare accortezze sul tempo e sullo spazio che vedano le individualità, costruire un setting di lavoro consapevole che permetta a tutte le persone piccole e meno piccole di interagire, sentendosi protette e accolte.
Fare educazione affettiva significa capire che se provo rabbia e sono socializzata femmina posso esprimerla e che se sono socializzato maschio e piango, non devo provare vergogna o imbarazzo.
Fare educazione affettiva e sessuale vuol dire conoscere e ascoltare il proprio corpo, sapere cosa ci piace e cosa no, significa saper verbalizzare e accettare, imparando ad accettare il sì e il no della persona con cui mi interfaccio.
Tutte queste attività inoltre dovrebbero essere svolte dalle persone che ogni giorno stanno con il gruppo classe, anch’esse sono formate in tal senso, e non come succede spesso, da persone esterne che, a fatica, si ritagliano poche ore in cui portare la propria esperienza e la propria progettualità.
Non è forse questo uno strumento potente e fondamentale per prevenire la violenza di genere e del genere che questo sistema eteronormato ci impone ogni giorno?
Educazione affettiva da Cargomilla
L’educazione affettiva, a Cargomilla, è parte fondamentale dell’idea intorno alla quale ogni giorno svolgiamo le nostre attività con le bambine che attraversano il nostro spazio.
Promuovendo inoltre incontri di autoformazione e confronto, eventi e formazioni più lunghi con le persone che lavorano nel settore educativo, cerchiamo di creare dei momenti di condivisione su queste tematiche, affinché possano essere riconosciute nell’importanza che hanno anche dalle persone adulte.
Nel nostro lavoro quotidiano con il gruppo informale e le persone che lo compongono ci preoccupiamo di osservare, abbracciare e rispettare ogni stato emotivo e farlo diventare una bussola del nostro lavoro di educatrici.
Una bussola che permette a noi di sapere come orientarci con le differenze che il lavorare con identità diverse inevitabilmente porta, ma una bussola anche per chi vive con noi ogni giorno il suo percorso di crescita, perché può trovare persone in ascolto e apertura che possono aiutare a capire cosa succede quando, per esempio, si litiga con una amica per un gioco o quando il nonno che ci ha accompagnato alla mattina ci saluta e se na va.
Perché sento questo nodo nella pancia?
Perché le mie mani diventano calde?
Perché mi viene da urlare?
Sono queste le domande a cui, quotidianamente, aiutiamo le bambine a trovare una risposta.
Per approfondire questo argomento vi invitiamo a leggere l’articolo del blog dal titolo: l’educazione alle emozioni nella gestione del conflitto.