Abbiamo due menti, una che pensa, l’altra che sente. Queste due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale.
Daniel Goleman
Nato nel 1946, Daniel Goleman, psicologo e giornalista statunitense, ha sempre rivolto particolare attenzione nei suoi studi alla neurologia e alle scienze comportamentali.
“Intelligenza emotiva”, del 1996, è il suo libro più famoso ed è un testo che ormai è diventato di fondamentale importanza anche in campo educativo.
Secondo Goleman, la mente razionale non prescinde dall’aspetto emozionale: emozioni e razionalità sono strettamente correlate le une all’altra e comprendere che tipo di emozioni proviamo è fondamentale, non solo per la loro gestione, ma anche per una reale rivoluzione sociale che permetta agli esseri umani di entrare in connessione tra loro.
Le emozioni dunque diventano il perno intorno al quale ruota tutto, diventano il vero punto centrale della vita stessa.
Che cosa si intende per intelligenza emotiva?
Tornando indietro di qualche anno rispetto all’uscita del libro vediamo come, nel 1990, Salovey e Mayer, in una loro pubblicazione, descrivono per la prima volta l’intelligenza emotiva come “l’abilità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e degli altri, distinguendole tra di loro, e di usare tali informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”.
Nel 1996 Goleman riadatta questo modello e definisce invece l’intelligenza emotiva come “la capacità di motivare sé stessi, di persistere, di controllare gli impulsi e modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza impedisca di pensare, essere empatici e sperare”.
Quali sono le 5 caratteristiche dell’intelligenza emotiva?
Goleman riconosce cinque caratteristiche dell’intelligenza emotiva:
AUTOCONOSCENZA
Intesa come il saper riconoscere le proprie emozioni anche nei loro punti di forza e di debolezza. Una sorta di identikit emozionale che favorisce il benessere e l’apprendimento.
Riconoscere le emozioni significa dare loro un nome, decifrare il messaggio e capire che opportunità ci stanno dando anche entrando in contatto con il proprio corpo.
Non posso gestire la rabbia se non sono in grado prima di riconoscerla. Facile a dirsi ma difficile a farsi, soprattutto per le persone piccole. Davanti a una bambina quindi che, in preda a un attacco di collera, ci picchia, la cosa più utile è quella di fermare la mano in modo fermo ma accogliente, verbalizzando il fatto che quel gesto non ci fa stare bene.
Ci vuole gradualità per riconoscere che tipo di emozioni proviamo!
AUTOREGOLAZIONE
Dopo aver capito cosa provo, posso provare a gestire l’emozione e decidere cosa farne. In base all’obiettivo che ho, posso adattare cosa provo alle diverse situazioni.
Pensiamo alla rabbia, l’autoregolazione significa autocontrollo: non sempre dare sfogo a una emozione infatti è il metodo giusto per regolarla.
Lucas Malaisi, psicologo esperto di educazione emozionale, chiama “effetto scivolo” quella scarica emotiva che poi ci rende difficile il rallentare e il calmarsi. Il miglior modo per calmare la rabbia quindi, dopo averla riconosciuta, è quello di avere un dialogo rassicurante con sé stesse che ci permetta di mettere in atto opzioni sane e giuste per noi: respirare, contare, ballare, camminare, dormire.
L’attività fisica e la respirazione, diminuendo l’attività del sistema nervoso simpatico, consentono all’emozione spiacevole di dissiparsi.
MOTIVAZIONE
L’intelligenza emotiva prevede anche la capacità di usare costruttivamente le emozioni. Se utilizziamo l’energia che proviene dai nostri stati emotivi in modo opportuno, seguendo un obiettivo e cercando sempre di guardare il lato positivo delle situazioni, saremo più in grado di accogliere e superare le frustrazioni.
Questa è forse una delle cose più difficili come persone adulte di riferimento. Pensiamo a quando diciamo a una persona piccola che una cosa non si può fare, ma viene fatta lo stesso. In quel momento la bambina sta imparando la capacità di portare a termine i propri obiettivi, anche se diversi dai nostri. Sarebbe fondamentale quindi trovare una mediazione tra il negare e il concedere, in modo da permettere alla bambina di assecondare i propri interessi.
EMPATIA
È la capacità di riconoscere le emozioni delle altre persone ed è inevitabilmente legata alla conoscenza delle proprie di emozioni. Se riesco ad essere aperta a quel che provo, riuscirò anche a interpretare quel che prova la persona che ho davanti. L’empatia è una capacità che ci permette di cogliere quei segnali sociali che ci indicano che l’altra sta provando una determinata emozione e quindi avrà bisogno di qualche attenzione particolare.
Davanti a una bambina che si arrabbia perchè non ci sono le caramelle che voleva sarà più utile, invece che arrabbiarsi a nostra volta o far finta di nulla, legittimare l’emozione, riconoscendola e aiutando a darle un nome: “mi dispiace che sei arrabbiata!” Deve essere faticoso sentirsi così però adesso le caramelle che volevi sono finite.
ABILITÀ SOCIALI
La capacità di entrare in relazione è un’altro importante aspetto dell’intelligenza emotiva.
Goleman definisce le abilità sociali Intelligenza sociale (quella che Gardner chiama “intelligenza interpersonale”) e sono un insieme di doti comunicative, carisma, capacità di mediazione e negoziazione. Sono quelle abilità che, in un gruppo di lavoro per esempio, permettono di lavorare bene insieme, o quelle che nella scuola si osservano nelle bambine in grado di risolvere i problemi delle persone della loro classe.
L’intelligenza emotiva nelle bambine
Non possiamo immaginare come acquisita alla nascita la capacità di riconoscere e regolare le nostre emozioni. L’intelligenza emotiva è un’abilità che si sviluppa con il tempo e che si può allenare.
Alla nascita, le bambine desiderano tutto ciò che provoca in loro piacere fisico ed emotivo e tutto quello che evoca sensazioni spiacevoli viene evitato: pensiamo al contatto pelle a pelle nei primi mesi di vita o l’angoscia di morte di quando si è lasciate sole.
Abbiamo scelto di usare il femminile: scopri perchè sulla pagina parliamo al femminile
Questi bisogni sono collegati al fatto che, inizialmente, il cervello prevale nella sua parte più emotiva, quella primitiva, che lo spinge alla sopravvivenza.
Non avrebbe senso quindi spiegare a una persona di un anno il perché ci si aspetta che non pianga o si comporti diversamente: non capirà.
Con il passare del tempo però, la parte inferiore, “primitiva”, del cervello, si integra con quella superiore e i suoi due emisferi: quello destro, del pensiero creativo, e quello sinistro, del pensiero verbale e analitico.
La parola diventa quindi pian piano strumento di comunicazione.
Questo però non impedisce che si attivi quello che Goleman definisce “sequestro emozionale”, cioè l’espressione molto forte delle proprie emozioni da parte della persona piccola che sta apprendendo a comunicare verbalmente quel che prova, ma che avrà ancora una forte componente primitivo-istintuale.
Ecco che si rende necessaria quindi una delle cinque abilità dell’intelligenza emotiva da parte delle persone adulte: l’empatia.
Cosa provo di fronte a queste reazioni?
Come mi sento?
Come posso riconoscere gli stati emotivi della persona piccola che ho davanti e aiutarla a passarci in mezzo senza essere contagiata?
Lavorare con l’intelligenza emotiva in Cargomilla
In un contesto di comunità, come quello di Cargomilla, l’intelligenza emotiva fa parte di necessità del lavoro dell’equipe educativa, con e senza le persone piccole.
Come educatrici che lavorano in un gruppo, cerchiamo di allenare e mantenere sempre attive le competenze che definiscono l’intelligenza emotiva: empatia, ascolto attivo, comunicazione efficace. Nel lavoro che facciamo cerchiamo, anche con mediazioni esterne, di non dimenticarci mai che siamo persone che si relazionano con altre persone.
Le persone piccole invece, entrando in una vita di comunità, ogni giorno si esercitano a sviluppare le capacità relazionali necessarie per accrescere la propria intelligenza emotiva.
Gioco, letture, attività che permettano di riconoscere loro le proprie emozioni sono parte integrante del nostro progetto pedagogico e, nella quotidianità, l’attenzione e l’ascolto del bisogno della singola persona piccola è la base.
Lavorando con bambine il cui cervello primitivo è ancora prevalente, non possiamo dimenticarci di mettere in atto un comportamento accogliente, che possa fungere da guida per la loro crescita emotiva.
Fiducia, sicurezza, calore sono le basi della nostra pratica educativa quotidiana, affinché si possa promuovere una crescita serena, stimolante, che permetta loro di acquisire al meglio tutte le competenze della loro intelligenza emotiva.